MOSCA – Una lingua franca per tutta la popolazione slava. Non è più solo un sogno del passato, ma potrebbe presto correre su Internet. Il linguista ceco Vojtech Merunka e l’antropologo croato Emil Hersak hanno creato una lingua che sperano unisca 250 milioni di persone, pari a un terzo della popolazione europea: il “neoslavonico”, o “interslavo”. La presenteranno il primo giugno alla Prima conferenza della lingua interslava che si terrà nella città ceca di Stare Mesto, nei pressi di Zlin sul confine tra Repubblica ceca e Slovacchia.

Il primo tentativo nel 1600. Il primo tentativo di creare una lingua artificiale comune al popolo slavo – battezzata anche “panslavo” o “neoslavo” – risale al Milleseicento. A Merunka, professore presso la facoltà di Tecnologia di Praga, l’idea è venuta notando che persone slave di diversa nazionalità tendono a comunicare tra di loro in inglese, nonostante le numerose somiglianze tra le loro lingue madri. “Lavoro a questo progetto – ha detto a “Jutarnij” – sin dai primi giorni della mia giovinezza. Sono sempre stato elettrizzato dal concetto di “Esperanto”, ma vedendo che questa lingua artificiale era basata sulle strutture delle lingue latine o germaniche, mi è venuta l’idea di creare una lingua slava universale”

L’inutile “mediazione” dell’inglese. La lingua ideata da Merunka dovrebbe creare un ponte linguistico tra chi parla bielorusso, bosniaco, bulgaro, croato, ceco, kasubiano, macedone, montenegrino, polacco, russo, russino, serbo, slovacco, sloveno, ucraino o le lingue sorabe. Il suo scopo però, ha chiarito il linguista, non è rimpiazzare le lingue già esistenti, ma semplificare le comunicazioni via Internet. Al momento il sistema di traduzione online “Google Translate” non consente una traduzione diretta tra queste lingue, ma solo attraverso l’inglese. E così la parola croata “orso” diventa “portare” in russo perché prima viene tradotta nell’inglese “bear” che è anche un verbo. Se l’interslavo venisse usato come lingua d’intermediazione, assicura Merunka, si eliminerebbero gli errori.

Fonte: Repubblica