Più di seimila lingue sono usate nel mondo per descrivere la profondità della vita umana. Nessuna lingua racchiude però l’intera essenza della natura dell’uomo Ecco perché esistono parole che custodiscono segreti antichi. Queste parole possono trovare definizioni, ma non corrispondenti in altre lingue. Ognuna di esse descrive un mondo diverso. Non è lo stesso mondo descritto in modi differenti. Diverse religioni, climi, storie, culture, portano gli individui a creare tali parole. Benvenuti nel magico mondo delle parole intraducibili.
Kilig, sostantivo tagalog: la sensazione delle farfalle nello stomaco, quando qualcosa di indescrivibilmente romantico e dolce solletica in profondità le pareti dello stomaco.
Komorebi, sostantivo giapponese: la luce del sole che filtra attraverso il verde fogliame degli alberi.
Ubuntu, sostantivo nguni buntu, significa “Io trovo il mio valore in te, tu trovi il tuo in me”. E’ qualcosa di più articolato della semplice gentilezza, è la credenza in una condivisione universale, indica che l’uomo è ologramma dell’intera umanità.
Wabi sabi, sostantivo giapponese: trovare la bellezza nell’imperfezione, nella consapevole accettazione della transitorietà della natura umana e del ciclo di vita e decadimento.
Resfeber, sostantivo svedese: molto simile, secondo me, a quella che i norvegesi chiamano “Forelsket”, l’indescrivibile euforia che sperimenti quando ti stai innamorando. Resfeber indica quel battito senza riposo del cuore di un viaggiatore, prima che il viaggio cominci. Quell’ansiosa gioia che ti accompagna quando prendi il tuo zaino e corri verso l’inaspettato, pronto a seguire solo il tuo cuore, proprio come quando t’innamori.
Ya’ aburnee, sostantivo arabo: in italiano potremmo tradurlo letteralmente come “Tu mi sotterri”. Indica l’inesprimibile dolore della perdita dell’altra persona e la speranza di morire prima dell’altro per non dover vivere un’angoscia tanto profonda.
Goya, sostantivo urdu: quando leggere ci fa dimenticare chi e dove siamo, quando ci fa volare verso montagne che nemmeno sapevamo esistessero, e ci fa nuotare in oceani in cui saremmo incapaci di tuffarci.
Luftmensch, sostantivo yiddish: l’ho spesso usato per descrivermi, poiché indica una persona con la testa perennemente nelle nuvole, che vive in una realtà da sogno e che è quindi un po’ impacciata quando si tratta di concretezza.
Saudade, sostantivo portoghese: è una parola piuttosto famosa, ma è troppo suggestiva per non essere inserita in questa lista. Saudade è una parola che racchiude la nostalgia verso qualcosa che non esiste affatto o verso qualcosa che si è amato e poi perso, irrimediabilmente perso. La sua aleatorietà, che è ciò che le dà consistenza, mi fa pensare ad un’altra parola intraducibile, il sostantivo tedesco “Fernweh”, la nostalgia di un posto mai conosciuto.
Waldeinsamkeit, sostantivo tedesco: la meravigliosa sensazione che si prova ad essere in solitudine nella natura, quando puoi sentire quell’autentica connessione i cui germi non sono mai stati persi dall’uomo da quando viveva in completa armonia con il cosmo. Nella natura l’uomo, sarà sempre a casa.
Cafuné, sostantivo portoghese: l’atto di far scorrere le dita attraverso i capelli di qualcuno che ami. E mentre le dita scorrono dolcemente, infondono nell’altro l’inesprimibile orgoglio di sentirsi amati. In urdu, c’è una parola per indicare anche quella sensazione “Naz”. C’è qualcosa di più dolce?
Dor, sostantivo rumeno: è l’anelito verso qualcuno che amiamo, implica sconforto e il desiderio di cantare canzoni tristi.
Litosto, sostantivo ceco: stato di agonia e tormento creato dall’improvvisa percezione della propria misera condizione.
Kalpa, sostantivo sanscrito: si riferisce al passare del tempo su scala cosmologica, potremmo essere in grado di percepirlo secondo voi?