«Studiare il dialetto per capire la lingua»

La professoressa Guardiano: «L’Italia è un laboratorio»

REGGIO EMILIA. Comparare e classificare i dialetti d’Italia per capire la struttura della variazione linguistica generale.

Questo l’obiettivo dell’incontro tra i principali studiosi dei dialetti italiani che, ieri, si sono dati appuntamento all’università di Reggio. «Abbiamo fatto il punto sulle sfide poste dalla dialettologia italiana nel panorama più generale della linguistica contemporanea – spiega la professoressa Cristina Guardiano, docente di linguistica e organizzatrice del convegno –. In particolare ci siamo interrogati sul contributo che lo studio e la classificazione della variazione linguistica in Italia possono dare allo studio del mutamento linguistico, all’analisi della struttura delle grammatiche, all’indagine formale sulla diversità linguistica».

Cosa mostrano i dialetti?

«I dialetti sono lingue a tutti gli effetti e, confrontandoli, troviamo informazioni molto importanti sulla natura universale della lingua, ovvero quell’entità che caratterizza la natura umana nella sua interezza. Paragonare i dialetti è come osservare le cellule al microscopio: si vedono cose che a occhio nudo sono impensabili. La microvariazione, che non si nota confrontando, ad esempio, italiano e francese, è evidente paragonando il dialetto reggiano a quello sassolese. Studiando sempre meglio i dialetti sarà possibile identificare quei meccanismi che portano alla variazione linguistica e che, operando in passato, hanno portato alla formazione delle lingue così come le conosciamo».

Ci fa un esempio di questi meccanismi?

«Il più importante è la trasformazione dei vocalismi, ma ce ne sono tanti altri. Diciamo che come i medici devono entrare nella profondità del corpo umano per operare, noi dialettologi dobbiamo fare lo stesso con i dialetti. Esistono anche ricerche sui parlanti, ovvero come le persone usano il dialetto; altri studiosi si occupano della sintassi, cioè il modo in cui una lingua costruisce le proprie strutture».

Ma i dialetti resisteranno?

«Difficile misurare la vitalità di una lingua, se è destinata a scomparire o se invece resisterà. Sicuramente è un dato di fatto che la variazione dialettale italiana sia molto preziosa, perché il nostro paese – in cui tante lingue interagiscono tra loro in modi diversi, cambiando anche – è un laboratorio vivente».

E chi dice che il dialetto non è una lingua?

«Sbaglia. I dialetti sono lingue a tutti gli effetti. Sono considerati meno importanti perché, nella nostra logica, non servono ma a questa accezione negativa se ne oppone una positiva: il dialetto è la memoria storica di una comunità, custode di tradizioni, saperi e di un mondo che sta lentamente sparendo».

La paura è che sparendo gli anziani il dialetto vada perso…

«Anche per questo vogliamo approfondire la ricerca sull’area dialettale reggiana ed emiliana, dove al momento manca un sistema di studi strutturato. A tal proposito siamo onorati del fatto che alcuni degli studiosi che costituiscono i punti di riferimento di maggiore spicco nella ricerca scientifica in questi ambiti, e che coordinano o partecipano ad importanti progetti di ricerca attualmente in corso sullo studio della struttura della variazione dialettale in Italia, abbiano accettato di riunirsi a Reggio Emilia per questa iniziativa, per condividere i risultati del proprio lavoro e discutere le prospettive di ricerca future in questo settore».

Fonte: gazzettadireggio.gelocal.it

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