Già dalla nascita i bambini piangono in “lingue” diverse

Non si tratta di un modo di dire, né di una leggenda metropolitana: i neonati piangono in lingue diverse fin dal primo vagito emesso. Naturalmente l’asserzione non è da prendere alla lettera, sebbene abbia un fondo di verità già verificato dagli esperti. Stando, infatti, a una ricerca condotta da un’equipe internazionale di scienziati, facenti capo all’Università Julius Maximilians di Würzburg, il pianto non sarebbe né uguale e neppure simile fra i bebè di tutto il mondo.

neonatoGli studi, nello specifico, sono stati pubblicati sulle riviste scientifiche Speech, Language and Teaching e Journal of Voice, nelle quali è stato illustrato in maniera comprovata come sia possibile che, senza avere mai parlato prima e appena venuti alla luce, bambini di nazionalità diverse emettano suoni molto distinti fra loro anche nel lamentarsi e nel gridare. La ragione risiede nel fatto che «i primi “mattoni” per lo sviluppo della lingua futura vengono posati già dal momento della nascita e non solo quando i bambini cominciano a balbettare, o a produrre le loro prime parole», come ha spiegato Kathleen Wermke, una delle responsabili dell’analisi effettuata.

Esaminando il pianto di decine di piccoli soggetti ai quattro angoli della Terra, effettivamente, è emerso che nell’ultimo trimestre di gravidanza l’embrione è capace addirittura di recepire l’altezza e la durata della parlata materna, nonché delle persone che la circondano. Ciò consente di sviluppare un’attitudine al suono ben determinata, che viene messa in atto per la prima volta – e in maniera in gran parte incoscientemente ispirata a quanto udito in precedenza – subito dopo il parto. Così, è stato osservato che «il pianto dei neonati le cui madri parlano una lingua tonale è caratterizzato da una variazione melodica significativamente più alta rispetto, per esempio, ai bebè tedeschi […]. Il loro pianto suonava più come un canto», ha affermato la Wermke, riferendosi anche ai nascituri del Camerun e trovando identici i risultati ottenuti dopo aver ascoltato 55 bambini messi al mondo a Pechino.

bambinoL’interesse di tale studio riguarda, soprattutto, l’acquisita consapevolezza delle capacità di imitazione ed apprendimento del linguaggio in una fase che è addirittura concomitante allo stato interessante della madre. I modelli melodici sviluppati nell’ambiente in cui il feto si forma, quindi, possono ora essere valutati con maggiore attenzione e tenuti in considerazione anche durante tutte quelle terapie volte a limitare alcuni disturbi dello sviluppo. La prossima volta che sentiremo singhiozzare un neonato, insomma, saremo legittimati a chiederci in che “lingua” lo stia facendo e quale idioma parlerà già dal primo compleanno.

Fonte: Voci di Città

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