A dire le parolacce sono i più ignoranti? Falso!

BartChe le parolacce facessero bene alla salute era già stato provato dalla scienza, ma che a farne maggiormente uso fossero le persone più acculturate sarebbe stato incredibile per tanti fino a poco tempo fa. A sfatare alcuni miti ormai consolidati è stata una ricerca condotta da due psicologi del Marist College e da alcuni esperti del Massachusetts College, e poi pubblicata su Language Sciences. Si tratta dello studio denominato Taboo word fluency and knowledge of slurs and general pejoratives: deconstructing the poverty-of-vocabulary myth, grazie a cui si è, per l’appunto, infranto il tabù secondo cui un QI più basso e una scarsa varietà di linguaggio sarebbero da associare alla volgarità nel parlare.

La conclusione è stata tratta dopo aver sottoposto a un esperimento 43 individui in un primo momento e altri 49 in seguito. Al primo gruppo, costituito da 30 donne e 13 uomini di età compresa fra i 18 e i 22 anni, è stato chiesto di dire nell’arco di un minuto quante più parolacce possibili e, subito dopo e di nuovo in 60 secondi, tutti i nomi di animali che venissero loro in mente. Invece, il secondo gruppo – costituito da 34 donne e 15 uomini dello stesso intervallo di età – ha svolto la prima consegna per iscritto e l’altra appuntando soltanto nomi di animali inizianti con la lettera A. Le prove si sono svolte con l’aiuto di un Controlled Oral Word Association Test (COWAT), un test neuropsicologico che misura la fluenza verbale, e con il Big Five, uno strumento in grado di definire la personalità di un soggetto secondo criteri di estroversione, gradevolezza, coscienziosità, nevroticismo e apertura all’esperienza.

dire-parolacceCosa ne è emerso? Che, in media, sono state pronunciate 9 parolacce, 14 parole non scurrili e 22 nomi di animali, con leggere variazioni fra i due gruppi, benché non significative e molto simili fra sesso maschile e femminile. Inoltre, un maggior numero di volgarità è stato sciorinato da chi si è dimostrato più abile nell’elencare i nomi di animali poco dopo, dimostrando che «un arsenale voluminoso di parole sconce può essere considerato un indice positivo delle capacità verbali, più che un sintomo di povertà lessicale», stando a quanto hanno spiegato gli autori. Tale padronanza di linguaggio, che naturalmente rimane da accoppiare all’autocontrollo e alla capacità di stabilire il registro linguistico da usare di volta in volta in base al contesto, è inoltre caratteristica di personalità associate dal Big Five ai caratteri di nevroticismo e/o apertura.

La sorpresa ha coinvolto tanto gli esperti quanto alcuni sociologi e antropologi, perché adesso il legame fra parolacce e competenze mentali ha acquisito dei connotati dapprima sottovalutati o addirittura ignorati che, invece, potrebbero essere alla base di ulteriori studi esplicativi e di una grande sete di risposte al riguardo.

Fonte: Voci di Città

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