6 lingue di cui hai sentito parlare, ma che in realtà non esistono

Rifacendoci alla definizione del vocabolario Treccani, possiamo definire una lingua come un «sistema di suoni articolati distintivi e significanti (fonemi), di elementi lessicali, cioè parole e locuzioni (lessemi e sintagmi), e di forme grammaticali (morfemi), accettato e usato da una comunità etnica, politica o culturale come mezzo di comunicazione per l’espressione e lo scambio di pensieri e sentimenti, con caratteri tali da costituire un organismo storicamente determinato, con proprie leggi fonetiche, morfologiche e sintattiche». Si definiscono lingue esistenti, pertanto, quelle la cui origine può essere sia storico-naturale sia artificiale, ma la cui caratteristica essenziale rimane la corrispondenza con una reale comunità di parlanti. Stando a questa descrizione, è chiaro che numerose delle lingue di cui abbiamo sentito parlare, se non come lingue artistiche e quindi di fantasia, non hanno mancato di affascinarci. Di quali stiamo parlando? Ecco le sei più famose in assoluto.

Klingon 1. Il klingon
Lingua gutturale, commissionata nel 1980 al linguista Marc Okrand per la creazione, è stata voluta dalla Paramount Picture, casa cinematografica produttrice di Star Trek. Pur essendo un idioma parlato solo in un mondo differente dal nostro e da un popolo guerriero alieno, rimane vero che 12 persone attualmente viventi sono capaci di esprimersi correttamente in tale sistema linguistico, compreso lo studioso d’Armond Speers. Quest’ultimo ha anche tentato di rendere bilingue il figlio (in inglese e klingon) per tre anni, tuttavia il ragazzo – ora in età universitaria – pare abbia totalmente rimosso qualsiasi ricordo.

2. Il nadsat
Si tratta, in questo caso, di una lingua nata da una commistione anomala e creativa di due idiomi preesistenti: l’inglese e il russo. A idearla nel 1962 è stato lo scrittore Anthony Burgess, che ne ha fatto lo slang dei protagonisti del suo romanzo Arancia Meccanica, di cui ad oggi è celeberrima anche la versione cinematografica firmata Stanley Kubrick. In questo sistema gergale, dunque, si ritrovano termini quali drugo (dal russo drug; amico) e fagged (dall’omografo slang inglese; stanco), accompagnati da invenzioni più o meno fedeli alle lingue originarie e che rendono la sua comprensione relativamente semplice, ma la sua produzione attiva difficilissima.

3. Il na’viNa'vi
Anche in questo caso, come nel primo esempio proposto, assistiamo a un idioma inventato da un linguista su commissione, per l’utilizzo all’interno di un film. Si tratta stavolta del regista James Cameron e del linguista Paul Frommer della University of Southern California, grazie alla cui unione delle forze è nato l’idioma parlato a Pandora, nella pellicola di Avatar. Il sistema è simile a tratti a quello maori e presenta numerose complessità, che adesso vengono descritte e riepilogate da Frommer stesso, in un blog al riguardo che egli ha aperto. La lingua, perciò, non è andata perduta: fra chi la scopre tramite un’app inventata appositamente e chi aspetta il sequel del film, gli amatori non mancano affatto.

4. La neolingua
Torniamo al mondo letterario e, in particolare, a un’antiutopia fra le più famose del secolo scorso: 1984, scritto da George Orwell. In questa realtà alternativa è parlata una lingua imposta dall’alto e chiamata, non a caso, neolingua. Rifacendosi all’inglese degli anni Cinquanta, Orwell ha immaginato una semplificazione del linguaggio e l’introduzione di alcuni neologismi, che hanno permesso un maggiore controllo del sistema sui suoi abitanti e un minore spirito critico da parte di questi ultimi. Non a caso, il ministro della Pace è definito ministro della Guerra, ma a nessuno sembra un controsenso e tutti coloro che vengono eliminati dal regime diventano nonpersone, che bisogna far finta non siano mai esistite. Il newspeak permetteva, quindi, al partito unico guidato dal Grande Fratello di manipolare pensieri e parole dei cittadini in totale autonomia, evitando la formazione di qualsiasi termine contrario al sistema.

Dothraki5. Il Dothraki e il Valyrian
Con queste due lingue siamo catapultati nel mondo di Game of Thrones, saga (di George R. R. Martin) e serie TV (della HBO) tradotta in italiano come Il Trono di Spade. Entrambe sono state inventate dall’ingegno del linguista David J. Peterson: la prima ha numerose analogie con russo, inuit, turco e swahili, è costituita da 300 termini ed è parlata dal popolo nomade di cui fa parte Khal Drogo, sposo di Daenerys Targaryen; il secondo idioma, invece, è in parte simile a latino e gaelico, è di tipo flessionale ed è il sistema in cui comunica proprio la stirpe dei Targaryen. Una curiosità sul Valyrian riguarda il fatto che alcune parole sono nate sullo spunto della sua evoluzione anche nei social network, come ad esempio il termine tresy (figlio), originato dal termine tre, in corrispondenza con i 3000 follower raggiunti da Peterson su Twitter.

6. L’elfico
Secondo caso dei sei citati in cui la lingua artistica in questione sia stata ideata dallo stesso inventore della storia in cui essa è utilizzata: in particolare, parliamo di J. R. R. Tolkien, autore della trilogia Il Signore degli anelli, nonché importante filologo presso l’Università di Oxford. Affiancato dal sindarin, l’elfico si trova all’interno di una vicenda definita dallo stesso scrittore come «un tentativo di creare un mondo in cui una forma di linguaggio accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale». Per questa ragione e grazie alle sue approfondite conoscenze, Tolkien ha creato un idioma dalla grammatica articolata e ricco in lessico, riguardo a cui sono proliferati negli anni numerosi studi e tentativi di apprendimento.

Nonostante le suddette rimangano lingue artistiche e nonostante sia poco probabile una loro diffusione tale da far parlare di idiomi esistenti a tutti gli effetti nel futuro, rimane il fatto che, nell’universo a cui appartengono, tutt’e sei hanno una comunità di parlanti “di fantasia” e, quindi, un’influenza letteraria e cinematografica elevata, nonché un’ampia diffusione fra chi è affezionato alle vicende di certi personaggi e affascinato dall’atmosfera che proprio i sistemi linguistici, insieme ad altri fattori, sono capaci di creare.

Fonte: Voci di Città

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